di Matteo Bodei | Oltre al lavoro intermittente, che a prescindere dalla stagionalità permette di gestire con elasticità i brevi picchi di lavoro, per quei settori caratterizzati da una forte variabilità della domanda si utilizza il contratto di lavoro a tempo determinato stagionale.
A differenza del contratto di lavoro intermittente, quello stagionale garantisce una presenza costante del personale durante tutto il periodo di lavoro, pur non vincolando il datore di lavoro ad un rapporto durante i rilevanti periodi di inattività.
Rispetto a un “normale” contratto a termine, il contratto stagionale gode di una serie di vantaggi:
- non ha limiti sul numero di rinnovi
- non è soggetto a una durata massima complessiva di 24 mesi
- non richiede una motivazione anche dopo i primi 12 mesi.
- non richiede di rispettare la pausa obbligatoria tra un contratto e l’altro
- esonera il datore di lavoro dal pagamento di alcuni contributi aggiuntivi all’INPS.
Normative di riferimento
Ma come armonizzare le esigenze delle imprese soggette a oscillazioni importanti di lavoro per via della loro stagionalità con i diritti dei lavoratori a tempo determinato e con il contrasto al precariato?
Questo delicato equilibro è affidato ad alcune norme che pongono limiti e introducono tutele per consentire condizioni di lavoro dignitose e prevenire abusi.
In particolare, il lavoro stagionale è disciplinato dal Decreto Legislativo 81/2015, che regola i contratti a tempo determinato e prevede le condizioni per cui sono ammesse le deroghe speciali.
Stabilisce, ad esempio, nell’art. 21 che le attività soggette alle deroghe stagionali debbano essere definite da un decreto ministeriale (l’ultima disposizione in tal senso risale addirittura al 1963, con il DPR 1525) o dai contratti collettivi.
Il DPR 1525/1963 elenca oltre cinquanta lavori molto diversi tra loro: da quelli legati all’agricoltura alle attività industriali.
Vi rientrano anche mansioni legate alla pesca, alla lavorazione del tonno e delle sardine, nonché alla produzione di dolci per festività.
Sono tuttavia i contratti collettivi e gli accordi aziendali ad essere chiamati ad ampliare e ad arricchire questa lista.
Il CCNL Terziario Confcommercio estende il concetto di lavoro stagionale a occupazioni legate a picchi di domanda dovuti a eventi climatici, religiosi o tradizionali, oppure alla crescita del turismo in occasione di fiere e celebrazioni.
I diritti dei lavoratori stagionali
I lavoratori interessati a questa particolare tipologia contrattuale hanno a loro vantaggio alcuni diritti che li aiutano a gestire l’incertezza legata ai contratti di breve durata.
Diritto di precedenza
Garantisce loro una priorità nelle nuove assunzioni. In pratica, se un’organizzazione ha bisogno di inserire un dipendente per una mansione svolta in passato da un proprio ex lavoratore stagionale, deve proporre l’assunzione a quest’ultimo prima di cercare altri candidati.
È una tutela importante, perché permette ai lavoratori di avere più possibilità di continuare a lavorare nella stessa organizzazione, senza dover cercare nuovi datori di lavoro.
Diritto alla NASpI
Quando il contratto stagionale termina, il lavoratore non sempre riesce a trovare immediatamente un nuovo impiego.
La NASpI serve proprio a coprire questi periodi senza lavoro, garantendo un sostegno economico per un certo tempo. Per ottenerla, il lavoratore deve aver versato almeno 13 settimane di contributi nei quattro anni precedenti.
Questo diritto è particolarmente utile per chi vive in zone che offrono poche occasioni di lavoro o per chi ha maturato esperienze specifiche in mansioni eseguibili solo in alcuni momenti dell’anno.
Come fidelizzare i lavoratori stagionali
Si è registrata negli ultimi anni una crescente difficoltà nel reperire personale stagionale.
Secondo un rapport Excelsior Unioncamere il settore turistico registrerà un ammanco di circa il 25% dei posti di lavoro disponibili, ossia 75.000 su 300.000 nuovi occupati.
Sempre più realtà stagionali si interrogano quindi su come motivare il proprio personale affinché ritorni al lavoro nella stagione successiva.
Per fidelizzare i lavoratori stagionali e incentivare il loro ritorno anno dopo anno, le aziende possono adottare diverse strategie efficaci.
Un’idea è offrire un bonus di fine stagione, una gratifica economica per chi completa l’intero periodo lavorativo e conferma già la disponibilità per l’anno successivo.
Una vera e propria integrazione alla NASpI che permette di mantenere un miglior tenore di vita durante la disoccupazione. A questo si può aggiungere la formalizzazione scritta della promessa di riassunzione attraverso un esplicito accordo.
Un altro elemento chiave è migliorare le condizioni di lavoro.
Per esempio, fornire alloggio a prezzi agevolati o altri vantaggi come pasti gratuiti, abbonamenti ai trasporti e sconti aziendali.
Inoltre, investire nella formazione e crescita professionale mostra un impegno verso il loro sviluppo, dando ai lavoratori la possibilità di migliorare le proprie competenze e di avanzare nel ruolo.
Nei periodi di chiusura si possono organizzare momenti formativi o offrire corsi per apprendere tecniche nuove e acquisire nuove conoscenze.
Per chi desidera continuare a lavorare nella stessa azienda, è importante che ci siano possibilità di carriera, ovvero che i lavoratori stagionali migliori abbiano accesso a ruoli più stabili nel tempo.
Anche l’ambiente di lavoro gioca un ruolo fondamentale. Altri suggerimenti sono:
- creare un clima positivo e inclusivo
- valorizzare il lavoro di squadra e organizzare momenti sociali
- dare maggiore flessibilità nelle condizioni contrattuali
- creare un programma di sconti e vantaggi per ex-dipendenti
- coltivare la relazione, con auguri, doni o semplicemente una telefonata, anche nei periodi di chiusura
- collaborare con realtà aperte durante la propria chiusura perché offrano un lavoro stagionale “a incastro”.
Tutte queste strategie possono aiutare a difendere il capitale più prezioso per qualsiasi attività: il team.
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