Chartreuse, un liquore leggendario

di Luca Tesser | La storia di Chartreuse inizia nel 1605, quando i monaci certosini del monastero Vauvert ricevono un misterioso manoscritto contenente la ricetta di un elisir di lunga vita, una miscela di erbe, radici e spezie.

Il manoscritto viene poi trasferito al monastero della Grande Chartreuse, a Voiron, e da lì non si sposterà mai più.

È qui che la ricetta dell’elisir comincia a essere elaborata e trasformata in quella che ancora oggi si utilizza per realizzare l’Elixir di Chartreuse, il cui emblema è l’ambita bottiglietta da 100 ml in un involucro di legno.

Nel 1737 il monaco certosino Jerome Maubec elabora la ricetta definitiva di Chartreuse, un tonico che aiuta la digestione e si crede rinforzi lo spirito e il corpo.

Lo si utilizza come rimedio per i malanni di stagione e per i problemi di stomaco, dosandone qualche goccia sopra una zolletta di zucchero e diluendolo in tisane.

La ricetta è tuttora segreta, custodita gelosamente nell’azienda monastica che si occupa ancora oggi della produzione del liquore e devolve i profitti delle vendite per il mantenimento dei monasteri di tutta la Francia.

Verte e Jaune

Per la lavorazione di Chartreuse si usano 130 erbe officinali. Essendo la ricetta segreta, pochissime persone conoscono l’intero processo di lavorazione e distillazione delle erbe, una procedura che viene tramandata oralmente da secoli.

Le erbe sono macerate in alcol e distillate e il risultato di questo procedimento viene messo a riposare in grandi botti di rovere nelle cantine della Grande Chartreuse.

Nel tempo i monaci certosini hanno lavorato alla ricetta di Chartreuse per creare un liquore vero e proprio, in due varianti: Chartreuse Verte e Chartreuse Jaune.

La Chartreuse Verte ha un profilo aromatico più intenso ed erbaceo, è la regina incontrastata del monastero, il cuore pulsante di Chartreuse.

È un prodotto che non lascia spazio a imperfezioni, una sublime essenza di metodo e rispetto degli elementi che la compongono, con un profilo aromatico intenso, balsamico e inconfondibile e una gradazione alcolica di 55°.

La Jaune è la sorella minore, più dolce e morbida, con una gradazione alcolica di 40°.

La Chartreuse Jaune ha una delicatezza dolce e sofisticata ed è anch’essa frutto di grande cura nella produzione e scelta meticolosa delle materie prime.

La costruzione di un mito

Gli anni della Rivoluzione francese, sul finire del Settecento, con l’espulsione dei religiosi dalla Francia, non furono facili per gli ordini monastici, ma lo spirito dei monaci certosini di Voiron era forte e, a parte per brevi periodi, Chartreuse non cessò mai di essere prodotta.

Dal periodo nero della Rivoluzione fino al XX secolo, questo incredibile liquore ha saputo diffondere il suo nome in tutta Europa e, successivamente, anche in America, legandosi alla miscelazione.

In un mondo in cui tutto è velocissimo e i processi industriali e standardizzati dominano incontrastati, Chartreuse ha saputo mantenere la sua anima artigianale, legata a un tempo che scorre lentamente, nel rispetto della natura e dei suoi processi evolutivi.

Perfino il suo colore, quel verde brillante, limpido e senza tempo, è il frutto di un processo totalmente naturale, che non impiega alcun colorante. Chartreuse è il risultato di un patto con la natura che dura da secoli.

Il legame con la mixology

Chartreuse è uno di quei prodotti che hanno fatto la storia della miscelazione. Alcuni cocktail con Chartreuse sono ancora oggi un must nei migliori cocktail bar del mondo.

Primo fra tutti, c’è il Last Word, un cocktail che sposa Chartreuse con Gin, maraschino e succo di lime, le cui sfumature aromatiche balsamiche ed erbacee abbinate al citrico lo rendono inconfondibile.

Abbiamo poi il Bijou, un cocktail dal carattere pieno e intenso, nel quale Chartreuse, Vermouth e Gin creano un gioiello della miscelazione.

Sulla storia di questi due cocktail si hanno poche notizie; sappiamo che sono entrambi nati a Detroit, città che non rappresenta una delle capitali della miscelazione storica statunitense, ma nella quale era evidentemente ben radicata la comunità francese.

Il Last Word nasce nei primi anni del Novecento, mentre il Bijou è della fine dell’Ottocento. Curiosa, in quest’ultimo, è l’origine del nome: bijou fa riferimento ai colori degli ingredienti, che creano idealmente un “gioiello” con il verde smeraldo di Chartreuse, la trasparenza adamantina del Gin e il rosso rubino del Vermouth.


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