Parigi fra un passato glorioso e un presente che stupisce

di Luca Tesser | Splendida, affascinante, intrigante: Parigi è una città che ha sempre incuriosito e sedotto chiunque fosse disposto a perdersi fra le sue strade, a farsi ammaliare dal suo respiro suadente, dall’impareggiabile atmosfera che nella notte si fa ancor più fatale, con le luci che si riflettono nella Senna, le scalinate di Montmartre, la sontuosità degli Champs Élysées.

Città viva, il cui dinamismo non è stato mai rallentato dal peso del proprio passato, Parigi è sempre giovane, elegante e ammaliatrice.

Qui la miscelazione è di casa: la capitale francese è anche una delle capitali mondiali della mixology, che ha un proprio stile ben definito, perché in Francia tutto ciò che viene da fuori si veste di connotati nazionali e la miscelazione non ha fatto eccezione.

Parigi ha infatti accolto il cocktail americano come un proprio figlio, lo ha cresciuto e nutrito con in propri prodotti, Cognac e Champagne su tutti, e lo ha trasformato in qualcosa di unico e incredibilmente efficace.

Da curiosità americana sbarcata a Parigi sul finire del XIX secolo, il cocktail è così divenuto un simbolo di una modernità che si è trasformata fin da subito in una caratteristica intrinseca della città.   

Le esposizioni universali e la vocazione alla modernità

L’ascesa del cocktail a Parigi, a cavallo fra XIX e XX secolo, è figlia di profondi cambiamenti culturali, artistici e sociali che la città si trova a vivere in quel periodo storico.

Gli occhi del mondo sono puntati sulla capitale francese, che ospita ben tre Esposizioni Universali nel 1878, nel 1889 e nel 1900. L’esposizione Universale del 1878 celebra la ripresa della Francia dalla Guerra Franco-Prussiana e lascia in eredità lo splendido Palazzo del Trocadéro.

Fra le meraviglie della tecnica esposte ci sono la prima macchina per il ghiaccio di Raoul Pictet et Cie, la macchina da scrivere, il monoplano, la lampada ad arco, che dimostra per la prima volta l’illuminazione elettrica e il fonografo di Edison.

L’Esposizione Universale del 1889, ai giardini del Campo di Marte, vede la realizzazione del simbolo per eccellenza di Parigi: la Tour Eiffel. Con i suoi 312 metri di altezza e la sua struttura in ferro la torre è ancora oggi l’emblema di una Parigi moderna e aperta alle innovazioni contemporanee.

È il primo passo verso una Parigi proiettata verso il futuro, che trova la sua consacrazione con l’Esposizione Universale del 1900. L’evento dell’inizio del XX secolo sancisce l’ingresso nella modernità e totalizza circa 50 milioni di visitatori, un numero enorme per l’epoca.

Tra il 15 aprile e il 12 novembre di quell’anno, Parigi è il centro del mondo: è qui che si possono ammirare le lampadine a incandescenza, che avrebbero da lì a poco illuminato il mondo, il cinematografo, il primo registratore magnetico, il telegraphone, il primo ascensore, le prime automobili a benzina, la radio, la prima linea metropolitana della città e, per rientrare nel nostro campo di interesse, la prima Coppa Martini.

La cultura americana arriva a Parigi

In questo periodo, l’apertura totale verso la modernità porta anche ad accogliere abitudini che vengono da lontano: una di queste è, appunto, il cocktail, un’invenzione tutta americana, che all’inizio del nuovo secolo comincia a diffondersi nel mondo e, in particolare a Parigi, grazie al grande afflusso di americani in città.

La capitale indiscussa della cultura e della moda, infatti, all’inizio del XX secolo attira molti artisti da oltreoceano. E i tanti artisti, uomini d’affari e ricchi turisti americani fanno sì che i drink diventino una voce di consumo nella vita parigina. Il cocktail inizia a inserirsi nei bar degli alberghi di lusso e via via nei locali più alla moda ed esclusivi.

Sono molti anche gli afroamericani che in questi anni si trasferiscono a Parigi, in gran parte per sfuggire alla segregazione razziale negli Stati Uniti.

È a loro che si deve l’arrivo in Europa della musica jazz, che negli anni Venti spopola proprio nella capitale francese, portando alla ribalta stelle del calibro di Josephine Baker.

Il periodo tra le due guerre mondiali

È durante la Prima Guerra Mondiale che il cocktail in stile americano si afferma anche a livello popolare.

Con la guerra arrivano a Parigi soldati, volontari e giornalisti, che portano con sé anche il gusto per la miscelazione. In questi anni iniziano a comparire locali in stile americano che servono cocktail.

Emblematico è il caso del famoso Harry’s New York Bar: il locale di Rue Daunou viene aperto il 26 novembre del 1911 da Toad Sloan, che trasferisce e ricostruisce nel cuore della capitale francese un bar di Manhattan, con l’idea di portare letteralmente un pezzo di America a Parigi.

Per stare al bancone del suo nuovo locale, Sloan chiama uno dei bartender più famosi degli Stati Uniti: Harry MacElhone. È qui, all’Harry’s New York Bar, che prendono vita cocktail iconici come il Bloody Mary e il Sidecar.

La presenza americana a Parigi, che si arricchisce anche di molti barman americani emigrati nel Vecchio Continente per sfuggire al Proibizionismo, conta anche numerosi artisti di spicco: personaggi come Henry Miller, Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway fecero di Parigi la capitale della cultura americana in Europa.

Tutti vogliono andare a Parigi per farsi parte dell’effervescente vita notturna che si respira nei locali della città e, in molti casi, per dare libero sfogo alla voglia di divertirsi, frequentare bar e bere alcolici senza doversi nascondere.

I locali degli Années folles 

Gli anni Venti sono l’epoca “des Années folles”, anni folli, appunto, durante i quali la città è animata da artisti, scrittori e avventurieri che, provenienti da ogni parte del mondo, danno vita a una scena notturna particolarmente vivace, con protagonisti i cabaret, i jazz club e i bar in stile americano.

Le Moulin Rouge, Le Chat Noir, Le Casino de Paris, dove si assiste agli spettacoli esotici di Josephine Baker, sono alcuni dei nomi più celebri e frequentati in questo decennio. Tra i bar in stile americano, oltre al già citato Harry’s New York Bar, frequentato da Hemingway, Fitzgerald, Gershwin e molti altri, diversi conquistano una certa celebrità.

Ricordiamo il bar Hemingway del Ritz Hotel, in Place della Vendôme, ritrovo dell’élite, di aristocratici e di personaggi della cultura, Le Boeuf sur le Toit, locale simbolo della scena jazz ai cui tavoli siedono Picasso, Man Ray e Darius Milhaud ed è punto di ritrovo per dadaisti, musicisti classici e jazzisti, il Bricktop’s, della cantante e imprenditrice americana Ada Smith, cantante e imprenditrice americana, frequentato da personaggi come Cole Porter e, ancora, Josephine Baker ed Hemingway.

Non mancano poi locali trasgressivi per l’epoca, come il Le Monocle, uno dei primi cocktail bar lesbici, considerato sovversivo e scandaloso, e locali totalmente esclusivi, come Le Jockey Club era, club privato frequentato dall’alta società.

Gli anni Quaranta tra guerra e austerità

Agli anni folli di Parigi seguono quelli duri del secondo conflitto mondiale e dell’occupazione tedesca, che cala come una nebbia fitta e grigia sulla Francia e sulla sua capitale.

I cocktail bar spariscono, così come gli ingredienti necessari per preparare i drink, a cominciare dai distillati che provenivano dall’estero. Le forze d’occupazione manifestano un vero e proprio astio nei confronti del bere miscelato, considerato un costume tipicamente anglosassone e, quindi, nemico.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l’usanza di bere cocktail fa fatica a ritornare in auge, anche perché la politica di ricostruzione e di austerità privilegia un ritorno al vino e agli aperitivi tradizionali.

La Parigi seducente e folle, con il suo fermento culturale internazionale, è ormai un ricordo lontano. Si dovranno attendere gli anni Ottanta per un ritorno al cocktail e ai piaceri della vita notturna parigina.

La rinascita degli anni Ottanta

L’arte della miscelazione torna a vivere a Parigi grazie ai barman che portano in Francia la rivoluzione culturale legata alla miscelazione. Molti di loro arrivano dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, che tornano così a essere un punto di riferimento culturale e pop.

Fra i locali più famosi degli anni Ottanta a Parigi c’è Le Palace, emblema della notte parigina, frequentato da designer, attori, intellettuali e artisti che danno vita a un eccentrico mix. Nel 1983 il locale cambia nome in Privilège, mantenendo però il suo fascino underground e glamour.

Un altro nome storico è Les Bains Douches. Sono ex bagni termali trasformati in night club, che diventano il simbolo della Parigi post-punk e new wave, regno della musica elettronica.

Qui si esibiscono Depeche Mode, Joy Division e Talking Heads. Tra i frequentatori del club vi sono Vip come Kate Moss, Johnny Depp e Naomi Campbell. Sul finire del millennio si diffonde la nostalgia per il passato e si riscopre il cocktail bar in stile classico.

Agli inizi del 2000 nascono i primi speakeasy di nuova generazione, locali che riportano a un passato lontano.

A rappresentare la svolta in questo senso è, in particolare, l’Experimental Cocktail Club. Il locale apre i battenti nel 2007, non ha nessuna porta segreta e non è nemmeno troppo nascosto, ma interpreta al meglio la nostalgia per il passato e, contemporaneamente, una spiccata propensione alla miscelazione creativa.

Parigi capitale della mixology

A partire dal nuovo millennio, una vera e propria rivoluzione del bere miscelato travolge l’Europa e Parigi, che diventa un terreno fertile per sperimentazioni che uniscono il classico al contemporaneo.

I locali prendono strade differenti, specializzandosi, divenendo subito iconici e facendo di Parigi una capitale della mixology mondiale.

Tra questi ci sono il Candelaria, un vero e proprio speakeasy aperto nel 2011 nel retro di una tequilerìa, primo locale segreto di Parigi che fonde classico con contemporaneo, e il Little Red Door, cocktail bar che esprime al meglio il ruolo centrale di Parigi nella mixology europea e, non a caso, figura in tutte le più importanti classifiche mondiali.

Qui la miscelazione ha un respiro internazionale e il cocktail è un vero e proprio emblema di qualità, esperienza e ricerca. Parigi conia così un nuovo concetto di cocktail che punta molto sulla ricerca e che non ha nulla da invidiare all’arte culinaria, anzi: con essa si fonde e da essa trae ispirazione.

Fra gli altri locali che oggi rappresentano la più alta miscelazione parigina possiamo citare anche il Bar Nouveau, capace di unire l’iconico stile Art Nouveau alla miscelazione contemporanea.

C’è poi il Fréquence, dove la miscelazione contemporanea incontra il buon cibo, accompagnato da musica su vinile.

Non dimentichiamo il Ritz Bar dell’Hotel Ritz, riaperto nel 2021 e perfetto connubio fra eleganza e ricercatezza, Le Syndicat, con la sua miscelazione che utilizza solo ed esclusivamente prodotti francesi, e Les Ambassadeurs che, all’interno dell’Hotel de Crillon, colpisce per il suo lusso e per i cocktail di altissimo livello.

Diversi locali fanno oggi di Parigi una delle più rispettate capitali della miscelazione sul panorama mondiale. Proprio questo mix di passato e presente conferisce alla città un fascino e un valore aggiunto indiscutibili.


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