di Virna Bottarelli | Chi ha superato, di poco o di molto, i quarant’anni di età, entrando nella sede Galvanina di Rimini avrà l’impressione di esserci già stato o, quanto meno, di averla già vista.
A me è successo: l’ampio anfiteatro romano immerso nel verde mi ha fatto tornare alle estati degli anni Ottanta e Novanta, quando passavano in TV i programmi trasmessi dal mitico “Bandiera Gialla” di Rimini, la discoteca simbolo delle notti romagnole, che per diversi anni ha avuto sede in questo luogo.
Location dal fascino un po’ retrò, la casa madre di Galvanina ha però una storia ancora più antica: già i romani, nel primo secolo a.C., avevano costruito qui una stazione termale e realizzato un sistema di canalizzazione delle acque.
Una storia antica
In epoca moderna, nel 1550, il nobile riminese Guido Ubaldo Zanotti fece erigere in loco una fontana monumentale con una vasca di raccolta e sedili in marmo, che circa due secoli dopo sarebbe stata descritta in uno scritto di Ubaldo Marchi che riportava, a proposito della fonte, il nome Galvanina.
Con il Novecento si apre un nuovo capitolo nella storia della fonte: quando la Soprintendenza ai Monumenti di Ravenna, nel 1916, include la fontana cinquecentesca fra i monumenti da salvaguardare, si riaccende l’interesse nei confronti di queste acque e si costruisce un primo stabilimento per il loro imbottigliamento.
Più tardi, all’inizio degli anni Sessanta, la famiglia Mini acquista la fonte e lo stabilimento: è l’inizio di un periodo di crescita che nei decenni successivi porterà Galvanina sulla scena internazionale del beverage.
In questi anni si eseguono lavori di restauro, si migliora il sistema di captazione dell’acqua e si costruiscono un nuovo edificio termale e un nuovo stabilimento produttivo.
Nel 2019 Rino Mini, che negli anni Ottanta è stato l’artefice dell’espansione dell’azienda, vende la maggioranza delle quote al fondo americano Riverside, tuttora proprietario del Gruppo.
Dove tutto ha inizio
Il nostro viaggio alla fonte inizia dall’edificio termale. Ad accompagnarci nei percorsi sotterranei, un reticolato di circa 3 km di tunnel solo in parte accessibile ai visitatori, è Matteo Biguzzi, R&D Manager di Galvanina.
“Gli scavi degli anni Sessanta hanno portato alla creazione di nove polle di captazione. Qui l’acqua affiora dalle rocce ed entra nelle vasche di sedimentazione, dove subisce un processo di filtrazione naturale: i sedimenti, costituiti essenzialmente da particelle terrose, si depositano sul fondo delle vasche.
L’acqua esce poi dalle vasche e, attraverso un sistema di condutture, raggiunge lo stabilimento per essere imbottigliata o utilizzata nella produzione delle bibite”.
Un’acqua che arriva dal Paradiso
L’acqua nasce sull’Appenino e segue un lungo tragitto prima di affiorare nei punti di captazione.
Situata a circa 150 metri sul livello del mare, sui rilievi collinari di Covignano a sud-ovest di Rimini, una storica fonte di acqua minerale naturale sgorga in un luogo noto come “Paradiso”.
Avvolta da uliveti e da una vegetazione sempreverde, essa domina un paesaggio caratterizzato dalla vista del mare distante soltanto tre chilometri e dalla totale assenza di altre attività industriali nell’immediato intorno.
L’imbottigliamento di questo prezioso affioramento idrico risale ai primi anni del Novecento, ma le sue origini si perdono fino al I secolo a.C., come dimostrano i ritrovamenti archeologici che confermano l’esistenza di un’antica struttura termale romana proprio in quest’area.
L’approvvigionamento dell’acqua avviene attraverso una galleria scavata nell’ambito di una concessione mineraria “perpetua” e mediante un pozzo ricadente in una seconda concessione, rilasciata con durata ventennale e soggetta a rinnovo.
Questo duplice sistema di captazione garantisce continuità e qualità costante al prodotto.
Le autorizzazioni sanitarie, rilasciate a livello comunitario e nazionale, riconoscono all’acqua proprietà diuretiche e un’azione favorevole sulla riduzione dell’acido urico, sul supporto delle funzioni epatobiliari e sulla stimolazione della digestione.
Tali caratteristiche, validate dalle autorità competenti, ne fanno un prodotto apprezzato tanto per il consumo quotidiano quanto per le sue qualità organolettiche e salutistiche.
Lo stabilimento
Lo stabilimento Galvanina è direttamente collegato alle sorgenti tramite un accesso riservato agli addetti ai lavori. Lo visitiamo guidati da Luca Rossetto, Plant Manager, che ci spiega come avviene il processo di imbottigliamento dell’acqua e delle bibite.
“La linea di imbottigliamento è la medesima per l’acqua e le bibite”, spiega, specificando che il passaggio dalla produzione di bibite a quella di acqua richiede una delicata procedura di sanificazione dell’impianto.
“Normalmente lavoriamo fino al pomeriggio del venerdì e avviamo la sanificazione in modo da avere l’impianto pronto per l’imbottigliamento dell’acqua il lunedì”.
Lo stabilimento è stato automatizzato a metà degli anni Novanta e la conoscenza approfondita della linea di imbottigliamento da parte degli operatori è, insieme alle ricette delle bevande, uno dei segreti che fanno sì che Galvanina produca acqua e bibite di qualità.
Come dice ancora Rossetto: “Per noi è più importante avere una linea sulla quale possiamo rapidamente cambiare i formati di produzione, che non avere una linea che produca quantità più elevate in tempi più brevi. Non è la velocità di imbottigliamento che per noi fa la differenza, perché non puntiamo ai grandi volumi ma alla qualità e differenziazione dell’offerta”.
Lo stabilimento di Rimini non è l’unico di proprietà di Galvanina. A esso se ne aggiungono altri due: quello di Via Popilia, sempre a Rimini, che attinge l’acqua dalla sorgente San Giuliano e produce acqua e bibite, biologiche e convenzionali, in vetro e in lattina, e quello di Apecchio (PU), alla sorgente della Val di Meti, che produce acque minerali, gasate e aromatizzate, in vetro e in Pet, destinate al mercato extraeuropeo.
L’acqua
Il primo step del processo di produzione dell’acqua Galvanina è l’ingresso delle bottiglie in vetro, vuote, nella linea. In questa fase due robot liberano il bancale dal film che avvolge le bottiglie e lo depositano in una tramoggia, lo convoglia in un apposito contenitore. Da qui, il film è raccolto e riciclato, come prevede il progetto di sostenibilità di Galvanina.
Fin da questa prima fase, la precisione garantita dall’automazione è essenziale: “I robot hanno dei sensori che correggono in tempo reale le traiettorie da compiere in base alla forma e alla posizione del pallet, in modo da maneggiare le bottiglie con cura ed evitare che si rompano”, spiega Rossetto.
“Lo scarto tra le bottiglie vuote in entrata e quelle che arrivano all’espulsore per il controllo è di circa l’1,5”.
In questo step viene effettuato il controllo delle bottiglie, finalizzato alla ricerca dell’eventuale presenza di liquido residuo, di corpi estranei all’interno della bottiglia, di difettosità strutturali della stessa.
Le bottiglie che non risultano idonee vengono scartate. Da qui, le bottiglie che superano la verifica passano alla sciacquatrice, un processo di lavaggio necessario prima della riempitura e della tappatura.
Seguono un ulteriore controllo, le bottiglie passano attraverso una specola elettronica per il controllo del livello bottiglie, la presenza del tappo e la presenza di cannucce di riempimento metalliche, prima di passare all’etichettatura.
Etichettatura e confezionamento
L’etichettatrice applica un collarino in carta-colla o in etichetta adesiva e l’etichetta retro-adesiva trasparente con tutte le informazioni sul prodotto. In uscita dalla macchina, si procede a un ultimo controllo del tappo e del livello di liquido nella bottiglia.
Attraverso un altro nastro trasportatore, le bottiglie raggiungono l’incartonatrice: “Usiamo un’incartonatrice wrap-around, che forma i cartoni attorno ai pacchi di bottiglie. Nel caso dell’acqua, abbiamo pacchi da dodici unità”. Una volta formati e incollati, i pacchi raggiungono l’ultima stazione, dove saranno raggruppati e pallettizzati, pronti per essere collocati in magazzino. Da qui, dopo i canonici controlli dell’Asl, partiranno per tutta Europa.
Le bibite
Nello stabilimento di Rimini si producono anche le bibite. In questo caso il procedimento include alcuni passaggi in più: la composizione dello sciroppo, nell’apposita sala, e la creazione della bibita vera e propria nel mixer.
Nella sala sciroppi la preparazione inizia versando lo zucchero nella tramoggia. Lo so trasferisce poi in un dissolutore, all’interno del quale si prepara il cosiddetto “neutro”, una base di acqua, zucchero e acido citrico.
Il neutro è poi sottoposto a un veloce ciclo di pastorizzazione, circa 45 secondi a 90°, e inviato in un serbatoio, che ha normalmente una capienza sufficiente per produrre 40-45mila bottiglie.
Nel serbatoio sono pompati poi gli altri ingredienti necessari per realizzare la bevanda: succhi, polpe, aromi.
Dal serbatoio, il preparato entra nel mixer, che provvede a diluire e gasare la bibita per raggiungere il PH e il grado Brix richiesti dalla specifica ricetta.
Depositata nei tank, la bibita è poi pronta per essere imbottigliata.
Prima dell’etichettatura, le bottiglie di bibite, a differenza di quelle d’acqua, compiono un passaggio di circa 70 minuti in un pastorizzatore a pioggia, che raggiunge la temperatura massima di 70-75°.
Sarti delle bibite
Ma da dove nascono le idee che danno vita alle bibite Galvanina? A dircelo è Matteo Biguzzi:
“L’ispirazione per creare una nuova bibita nasce dai viaggi, dalla selezione delle materie prime, di assoluta qualità, o anche dal mercato, che a volte ci dà lo spunto per creare prodotti ad hoc.
Non a caso ci definiamo anche sarti delle bibite”.
E come bravi sarti, in Galvanina sono attenti a tutti i dettagli, ai particolari che fanno la differenza, come nel caso della Soda, creata con l’aggiunta di sale marino e divenuta un ingrediente molto apprezzato nella miscelazione di alto livello.
Il biologico: una scelta naturale
Biguzzi ci parla, infine, anche di come sono nate le bibite biologiche.
In questo caso, non è stato tanto il mercato a ispirare Galvanina, ma è stata Galvanina ad anticipare gusti e tendenze: “Abbiamo intrapreso la strada del biologico nel 2000, iniziando con l’esportazione e investendo in un mercato di cui avevamo intravisto le grandi potenzialità”, dice.
“Scegliere il biologico è stato una conseguenza naturale della nostra filosofia votata alla sostenibilità e alla qualità totale: optiamo per materie prime certificate bio, prodotti che non utilizzano pesticidi, e aromi esclusivamente naturali. Anche la CO2 che usiamo è di estrazione minerale”.
Sono passati 25 anni e il mercato ha dato ragione a Galvanina: “Oggi le scelte dei consumatori sono sempre più orientate verso prodotti salubri e naturali, e con la nostra offerta possiamo soddisfare pienamente i loro gusti”.
Ingredienti italiani o mediterranei
Una scelta naturale è anche quella di rivolgersi essenzialmente a fornitori italiani e allargarne la cerchia eventualmente nell’area del Mediterraneo, non oltre, per acquistare le materie prime.
Gli orizzonti di Galvanina, però, sono più ampi, come si confà a una realtà che esporta in tutto il mondo:
“Nel caso delle bevande che produciamo per altre etichette, se ci viene richiesto, chiaramente dobbiamo acquistare anche da fornitori di Paesi lontani, dall’America all’Asia, perché determinati frutti sono reperibili solo nei loro luoghi d’origine”, conclude Biguzzi.
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